Dire che siamo stati benedetti da un miracolo, è un eufemismo
Quello che ha dovuto passare una donna, chiamata Ashley Zachmeyer, è davvero incredibile. Le sue parole sono molto forti e riescono ad entrare nel cuore di molte persone. Ecco perché oggi abbiamo deciso di parlarvene. Tutti devono conoscerla, tutti devono sempre avere la speranza che qualcosa può cambiare. Ashley racconta:
“Quando sono rimasta incinta è stato uno shock per tutti. In passato mi avevano diagnosticato l’ovaio policistico, quindi sapevo di essere sterile. Anche a mio marito era stato detto che non poteva avere figli. Quando abbiamo scoperto che aspettavo, la mia piccola già era a sette settimane. Tutti credevano che era una cisti, ma quando abbiamo sentito il battito cardiaco è cambiato tutto. Al controllo, a dodici settimane, hanno trovato un coagulo di sangue nell’utero. Per questo, mi hanno detto che dovevo stare a riposo e dovevo essere sempre monitorata. A diciotto settimane, il coagulo era sparito. Non potevo dire nulla, perché lì hanno scoperto che la mia bambina aveva poco liquido amniotico. Così ci hanno mandati da uno specialista per gravidanze ad alto rischio. Il primo medico che ho visto, ci ha detto che mia figlia aveva solo il venti per cento di possibilità di sopravvivenza. Successivamente ha continuato a dirmi che ero giovane ed in salute e che quindi, dovevo riprovare. Quando ho sentito quelle parole, volevo solo urlare e piangere. Ero arrabbiata, ma quella rabbia presto si è trasformata in determinazione. Così sono andata a chiedere un secondo parere, ma anche questa volta, il dottore mi ha detto che c’era solo un centimetro di liquido amniotico. Inoltre, mi ha consigliato di abortire. Mi ha chiesto di tornare dopo qualche settimana, per controllare il battito. Ero fuori di me.
A questo punto, mi ero quasi arresa. Ero arrabbiata, triste e depressa. Però, ogni settimana che passava avevo sempre qualche speranza in più. Lo specialista, mi visitava tre volte a settimana ed ogni volta, mi ripeteva sempre la stessa cosa, cioè che la situazione non era buona e che quindi, dovevo prepararmi al peggio. A ventisei settimane, mi hanno detto che il flusso nel cordone ombelicale era stato compromesso. Per questo entro ventiquattro ore, avrei avuto sicuramente un aborto.
Non so cosa sia cambiato in quel momento, ma ho avuto una forza che non avevo mai avuto prima di quel momento. Mi hanno detto che avevo una scelta, potevano fare tutto ciò che era nel loro potere per salvarla, o non fare nulla. Però mi hanno consigliato di lasciarla andare, il parto sarebbe stato troppo stressante per il suo fragile corpo. Nonostante questo, io ho scelto che dovevo provarle tutte, qualcosa nel mio stomaco ha detto che dovevo lottare per lei.
Così sono stata ricoverata. C’erano molte paure che il suo battito sarebbe sceso oltre i cinquanta. Mi hanno preparata diverse volte per il cesareo, ma ogni volta, Adelee faceva risalire il suo battito. Il ventidue giugno 2017, a ventinove settimane di gravidanza, la mia bambina è venuta al mondo. Pesava meno di un chilo e tutti mi dicevano che non sarebbe mai sopravvissuta. Per fortuna, hanno seguito i miei desideri ed hanno fatto di tutto per tenerla in vita. La prima volta che l’ho vista è stato incredibile. Aveva la pelle lucida e si vedeva ogni osso del suo piccolo corpo. Non potevo credere che aveva le dimensioni di una lattina di Coca-Cola.
A quattro giorni di vita, Adelee è stata trasferita al Children’s Healthcare di Atlanta. Era il luogo più spaventoso che abbia mai visto. Lì, i dottori sono stati costretti ad intubarla e la prima volta che l’ho vista, ho iniziato a piangere. I giorni passavano lentamente ed anche molto lentamente aumentava di peso. I medici ci hanno detto che era inaudito un bambino nato così piccolo che non aveva complicazioni oltre a dover crescere. La chiamarono una superstar.
Piano piano è arrivata anche a pesare due chili ed a quel punto, le hanno levato tutti quei tubi. A tre mesi, Adelee non aveva più nessun supporto respiratorio. Però, per questo ha sviluppato la Retinopatia della prematurità. Per fortuna, non era un caso complicato, ma sono riusciti a risolvere il problema molto in fretta.
Dopo centosei lunghi giorno in terapia intensiva, siamo riusciti a portare a casa la nostra bambina. Adelee pesava più di quattro chili. Ora ha un anno e pesa dodici chili. Si, è vero è ancora molto piccola, ma supererà anche questo, perché lei è una guerriera. Per noi dire che siamo stati benedetti con un miracolo è un eufemismo.
La nostra Adelee, con il meno del venti per cento di possibilità di sopravvivere ora è viva ed è questa l’unica cosa che conta!”
Il coraggio di questa bambina è meraviglioso, tutti devono conoscerlo, tutti devono sapere! Condividete!