Test genetico preimpianto, pro e contro
Test genetico preimpianto, pro e contro: ecco tutto quello che dobbiamo sapere su questo esame fondamentale per chi cerca un bebè
Test genetico preimpianto, pro e contro: cosa è bene sapere su questa forma precoce di diagnosi prenatale che aiuta di scongiurare il rischio di gravi malattie per il bambino che sta per nascere? Forse è bene conoscere tutto quello che si dovrebbe per poter capire di che cosa stiamo parlando.
Il test genetico preimpianto (PGT) è una forma precoce di diagnosi prenatale, che è in grado di analizzare il contenuto genetico o cromosomico di un embrione ottenuto dalla fecondazione in vitro. In questo modo si possono identificare e scongiurare delle patologie che potrebbero rivelarsi molto gravi, aiutando così a migliorare la salute dei bambini.
Ma cosa dobbiamo sapere sul test genetico preimpianto? Álex García-Faura, direttore scientifico di Institut Marquès, ci fornisce una serie di cose che dovremmo assolutamente sapere.
Consigliata alle coppie con problemi di concepimento
Il test genetico è consigliato alle coppie che hanno una storia di malattie ereditario, perché una gravidanza sarebbe ad alto rischio. La procreazione medicalmente assistita è raccomandata perché permette di identificare gli embrioni colpiti dalle patologie ereditarie. La tecnica è anche consigliata a chi ha problemi a concepire come in caso di problemi di sterilità a causa dell’età, aborti ricorrenti, alterazioni dello sperma, fallimenti in trattamenti già eseguiti in precedenza, problemi di sterilità senza diagnosi.
Aumenta il tasso di successo delle gravidanze
Lo scopo del test genetico è ridurre le interruzioni terapeutiche di gravidanza e aumentare il tasso di successo delle gravidanze portate a termine con successo. “Quando una coppia, intorno al terzo o quarto mese di gravidanza, riceve la diagnosi di una grave malattia, affronta una scelta devastante sia a livello psicologico sia fisico. Seppur in alcuni casi l’interruzione terapeutica sia necessaria, non risulta meno dolorosa. Eseguire un test sull’embrione già dai primi giorni scongiura queste drammatiche casistiche proprio grazie all’immediata individuazione degli embrioni malati prima dell’impianto”.
Si può fare il test dal terzo giorno di vita dell’embrione
La biopsia avviene al quinto giorno di vita, nello stato di blastocisti, quando però l’embrione va trasferito nell’utero o congelato. Ma in occasione della 24a Conferenza della Federazione francese per lo studio della riproduzione (FFER) è stato presentato uno studio che spiega che la diagnosi si può eseguire già al terzo giorno, potendo così trasferire l’embrione al quinto giorno senza congelarlo.
In Italia non era possibile eseguire il test
Oggi è possibile grazie a una modifica alla legge 40 sulla fecondazione assistita della Corte Costituzionale che ha reso la pratica legale in Italia dal 2015, da quando cioè anche le coppie portatrici di malattie genetiche possono accedere al test.