Malata di cancro rifiuta l’aborto per salvare la sua bambina
Una donna malata di cancro rifiuta di praticare l'aborto, perché nonostante la malattia vuole salvare la bambina che porta in grembo
Una storia di coraggio e amore estremo: una donna malata di cancro rifiuta di abortire per salvare la figlia. La donna si chiama Sarah Wickline Hull e 11 anni fa ha ricevuto una delle notizie peggiori che una madre incinta possa avere: aveva un tumore così aggressivo che sia lei che il bambino non ancora nato rischiavano di morire.
Il cancro si stava espandendo bloccandole sue vie aeree quando la donna si trovava alla 20esima settimana di gravidanza.
L’oncologo, come sempre in questi casi, propone alla donna la strada dell’aborto. Non si tratta di una procedura insolita: in questi casi i medici consigliano l’aborto quando la vita della madre potrebbe essere a rischio. Nel caso di Sarah l’aborto sembrava essere l’opzione più logica perché avrebbe dovuto sottoporsi a una chemioterapia che avrebbe potuto provocare gravi danni al feto.
Tuttavia Sarah e il marito, da diversi anni in cerca di quella tanto desiderata gravidanza, decisero di non rinunciare così facilmente. La donna all’epoca dichiarò che sapeva che avrebbe preferito partorire, anche se questo avrebbe significato morire. Sarah decise così di rifiutarsi di abortire. I medici dovettero accettare la sua decisione, ma un medico la mise in guardia: ci sarebbe potuto comunque essere un aborto spontaneo.
Alla fine la scelta di Sarah si rivelò quella giusta: Sarah ha dato alla luce una bambina sana a 34 settimane. In un post pubblicato su Facebook il 25 gennaio 2019, Sarah ha dichiarato di celebrare a maggio dieci anni senza cancro. Ha una figlia di 10 anni in buona salute, bella, luminosa e preziosa che le ricorda sempre che i medici non sanno tutto.
Nel corso degli ultimi anni le ricerche sono andate avanti e ci sono maggiori speranze per le donne in gravidanza con una diagnosi di tumore. Secondo alcuni studi pubblicati su The Lancet, non c’è bisogno di abortire perché le chemioterapie effettuate dopo il primo trimestre, non sembrano influire sul feto.