Casting JonBenet, il lato oscuro dei concorsi di bellezza per bambine
L'infanzia violata delle baby miss
Nel Natale 1996 un fatto di cronaca ha sconvolto gli Stati Uniti e il resto del mondo, in seguito al ritrovamento del corpo senza vita della piccola JonBenet Ramsey, famosa reginetta di bellezza adorata dai media che, all’età di soli sei anni, aveva già un curriculum da professionista. Dopo l’anteprima al Sundance Film Festival, il documentario Casting JonBenet è stato presentato nella sezione Panorama della 67° edizione del Festival di Berlino, per provare a comprendere meglio il misterioso omicidio che ancora oggi non ha trovato un colpevole.
La regista Kitty Green non ha seguito le regole tradizionali del documentario che si limita a ricostruire l’accaduto, o a montare una serie di interviste dei personaggi coinvolti, ma ha organizzato un casting per un finto film su JonBenet, analizzando la tragedia sotto vari punti di vista. Alcuni attori si propongono per interpretare i protagonisti della vita della piccola vittima, svelando davanti alla telecamera le loro personalità e la loro opinione sull’accaduto. Le riflessioni vengono poi intervallate da brevi ricostruzioni dei momenti fondamentali del brutale omicidio, fino al ritrovamento del corpo avvolto in una coperta bianca sul pavimento della cantina dei vini della lussuosa casa Ramsey, con ben 15 stanze organizzate su tre piani.
Casting JonBenet si chiede se il colpevole fosse all’interno della famiglia o fuori. Se quella notte tra il 25 e 26 dicembre un estraneo è riuscito a entrare in casa Ramsey per violentare e uccidere la piccola JonBenet, trovata morta strangolata e con chiari segni di percosse alla testa. O se il fratello e i genitori in preda a un’insana gelosia o a un affetto malato nei confronti della bambina con un successo internazionale, abbiano scelto una soluzione drammaticamente estrema.
Colpa delle mamme in cerca di riscatto?
Secondo la polizia del Colorado che ha indagato su questo caso ancora irrisolto, la famiglia è stata scagionata nel 2003 in seguito agli esami del DNA, ma questo documentario sembra essere un’occasione per puntare i riflettori su una moda americana che tende a strumentalizzare le bambine in un modo discutibile, che può portare anche a pericolose conseguenze.
“L’ipersessualizzazione avviene per mezzo di ragazzine che indossano abiti da adulti in taglie più piccole, l’uso di trucco spesso applicato da professionisti, abbronzatura temporanea, parrucche ed extensions, e l’assunzione di pose provocanti di certo più appropriate a modelle adulte” ha detto Vernon R. Wiehe, docente di Child Welfare all’università del Kentucky. Infatti si potrebbe condannare il comportamento degli stessi genitori che permettono ai figli di mettersi in mostra in questo modo, spingendoli a partecipare a concorsi di bellezza riservati all’età neonatale fino ai sedici anni. La mamma di JonBenet, Patsy Paugh, per esempio era stata reginetta di bellezza anche lei, come Miss West Virginia nel 1977, confermando la teoria che spesso dietro ad una bambina in gara per un titolo simile si nasconde la repressione di una madre che avrebbe voluto realizzare il suo sogno alla sua età.
Come mostrano alcuni reality americani in tv, la causa principale del successo di questi eventi che mirano ad incoronare una baby miss, sono proprio le mamme, che sembrano divertirsi a truccare pesantemente le loro figlie, fargli indossare costumi sfarzosi, acconciature enormi, denti finti, e altre piccole torture estetiche come lo spray abbronzante che colora la pelle. Fa paura vedere queste piccole caricature di una persona adulta mentre sfilano come animali ad una mostra canina o felina, ed è facile immaginare che le menti malate con propensioni alla pedofilia possano utilizzare questo mezzo per scegliere le proprie vittime, come potrebbe essere successo per JonBenet Ramsey.
Il confine sottile tra spettacolo e mercificazione
I concorsi di bellezza per bambini, detti “beauty pageant”, sono molto popolari in America, ma le loro origini in realtà sono inglesi. Infatti nel lontano 1881 lo storico e critico John Ruskin ebbe l’idea di organizzare un festival primaverile per ragazze giovani, per celebrare la loro innocenza, ma poi si rivelò un pedofilo. Chiamò questo evento May Queen Festival e la bambina più bella di tutte doveva essere eletta Reginetta. In breve tempo questa idea arrivò in Nord America per poi diffondersi a macchia d’olio negli Stati Uniti e in gran parte del resto del mondo. Basti pensare al servizio fotografico apparso su Vogue France nel 2010, in cui la baby modella Thylane Blondeau è apparsa come protagonista di foto per una campagna pubblicitaria, considerate inappropriate per una bambina. Tacchi alti, trucco pesante, pose sexy sembravano davvero fuori luogo in quel contesto.
I concorsi di bellezza, che il film Little Miss Sunshine ha presentato nel 2006 con ironia e leggerezza, sono competizioni per piccole aspiranti modelle, in cui ogni generazione è associata ad una categoria di concorso diversa: little miss, junior miss, pre teen, junior teen miss, teen miss e così via. Ma il confine tra divertimento e mercificazione infantile è davvero sottile, come confermano i numerosi casi di crimini, violenze e retroscena raccapriccianti che sono stati oggetto di cronaca nel corso degli anni. In fondo che bisogno c’è di esporre la propria figlia a sguardi estranei ed indiscreti, alimentando un vero e proprio circo dell’eccesso che celebra piccoli “mostri”, che dovrebbero pensare solo a giocare ed imparare, invece di rincorrere una versione caricaturale di un adulto?