GLOW: le Gorgeous Ladies del Wrestling sono tornate!
Pronte con i glitter? Perché oggi torna GLOW su Netflix!
Non prendete impegni per il weekend (o almeno per la serata, perché la serie va giù tutta d’un fiato), avete un appuntamento con gli anni ’80 molto importante. Preparate il vostro pantalone in spandex migliore, musica a tutto volume, cotonatura impeccabile e siete pronte per un viaggio nel passato, divertente ma anche attuale, che riesce molto bene a riflettere le problematica del mondo di oggi: dagli abusi sul lavoro, le differenze di genere e il doversi districare in un mondo maschile dove, ancora adesso, la parola “no” sembra essere utopia. E che la forza del Glam sia con voi!
Perché dico tutto questo? Oggi 29 Giugno arriva su Netflix la seconda, scintillante e incredibile stagione di GLOW, la serie originale della piattaforma streaming creata da Liz Flahive (Orange Is The New Black) e Carly Mensch e prodotta da Jenji Kohan. Una serie dove la quota rosa ne fa da padrona, ma non solo.
Nella seconda stagione di GLOW non sono semplicemente aumentati i glitter e le creste, ma anche la forza, l’indipendenza delle sue protagoniste. GLOW prende la grinta e la caparbietà che le sue performer applicano sul ring, davanti alla macchina da presa, e cerca di riversarla nella vita reale, portando le sue protagoniste ad usarle anche nei problemi che il quotidiano pone davanti.
Nella prima stagione abbiamo avuto modo di conoscere il mondo di GLOW, dando una veloce infarinatura alle sue ragazze un po’ macchiette: donne alla disperata ricerca della propria indipendenza, chi esce da una relazione complessa, chi da un tradimento, chi cerca la sua strada e chi il padre che non ha mai avuto. Dieci episodi di circa 30 minuti per restare affascinati da un mondo con due facce della medaglia: quella glam e quella più grottesca che ancora si scontra con l’attuale realtà dei fatti.
Eppure la forza di uno show strampalato per famiglia, che usava gli stereotipi americani per poter intrattenere, dalla pigra immigrata alla terrorista, dalla comunista russa fino ad arrivare all’eroina americana, ha dato a sua volta la forza alle sue piccole e tormentate star di emergere dal guscio, di trovare il coraggio, la grinta e la volontà di credere in se stesse proprio attraverso quei personaggi.
Oggi dieci nuovissimi episodi ci attendono, decisamente più approfonditi e con dei personaggi più strutturati, che a fine visione riescono a lasciare un po’ di malinconia ma, al tempo stesso, il desiderio di cambiare le cose, reagire, combattere per i propri ideali, sia che sia uno show strampalato sia che sia la proprio emancipazione. Una seconda stagione che riesce a prendere le tematiche di quest’anno, come il #MeToo generato dal caso Weinstein, mostrando cosa vuol dire davvero essere sottoposta a molestie per “la propria carriera”; la competizione scorretta femminile e il giudizio altrui; la paura del coming out e anche di lasciar trapelare i propri sentimenti nei rapporti. Ma se non avete visto la prima stagione, cosa dovete aspettarvi? Facciamo allora un breve salto nel passato e vediamo dove eravamo rimasti!
Glow: un inizio glamour
La serie è ispirata all’omonimo show anni ’80, appunto GLOW, ovvero uno show di wrestling che aveva come protagonista delle donne in tutina, dai trucchi abbaglianti e capigliature stravaganti. La serie ci porta alla creazione di questo show, prima di acquistare la popolarità ottenuta nel tempo. Certo, la parola wrestling e donna potrebbe sembrarvi ormai normale. Attualmente ci sono molte campionesse nel mondo che praticano wrestling che, se non lo sapeste, è una specie di lotta libera coreografata. Ogni mossa, salto, colpo è tutto finto, organizzato a tavolino, per poter sorprendere lo spettatore. Stessa cosa per i personaggi: creati, definiti, a partire dal loro look fino alle possibili rivalità. Per fare questo nel wrestling ci vuole molta collaborazione e spirito di squadra. Cosa ci fanno allora 12 donne e ragazze, di età ed etnia differenti, che non hanno mai sollevato una piuma in tutta la loro vita alla corte del regista fallito Sam Sylvia (Marc Maron)? La risposta è semplice: non lo sanno neanche loro. O almeno, non per ora.
Ad incarnare lo spirito dello show, il desiderio di riscatto e costruire qualcosa di bello insieme – nonostante i presupposti non vincenti – c’è Ruth Wilder (Alison Brie), aspirante attrice che cerca la svolta definitiva nella sua vita in una Los Angeles che, ormai, le ha tolto tutto. E sarà proprio partendo dal reale, dalla terribile rottura con la migliore amica Debbie Eagan (Betty Gilpin), che Ruth inizierà a costruire il suo personaggio, ispirando non solo le compagne ma spronando perfino Sam a creare qualcosa di nuovo, bello e convincente.
Nell’arco della prima stagione è proprio il senso di unione, appartenenza, la forte sorellanza tra le protagoniste che va a sorreggere tutta la serie, fino ad arrivare al primo grande spettacolo che segnerà – sorprendentemente – la vita e il successo delle donne.
Cosa è cambiato in questa seconda stagione?
Le nostre scintillanti wrestler sono diventate delle vere e proprie celebrità locali. Purtroppo, nel mondo dello showbiz (anche negli anni ottanta), avere dei fan non è sufficiente. E il programma, prima di concludere la sua prima stagione, deve riuscire a trovare degli sponsor e convincere la rete di continuare a restare in palinsesto, possibilmente in una fascia oraria ben visibile. Se nella prima stagione le protagoniste si sono dovute scontrare in un mondo stereotipato, costruendo i propri personaggi sul modello di come le vedere la società; in questa seconda stagione si renderà conto che la realtà è molto più dura e che la fama non è assolutamente tutto per uno show.
Spesso il compromesso è dietro l’angolo, ma quanto è giusto combattere in questo modo per la causa e non per i propri ideali?
Paradossalmente è proprio Ruth a doversi porre questa domanda, trovandosi faccia a faccia con il presidente dell’emittente televisiva che la invita ad una finta cena di lavoro solo per scopi molto lontani dai fini lavorativi. La positività, la gioia di vivere di Ruth, il non arrendersi mai nonostante le mortificazioni spesso subite da Sam o dalla stessa Debbie, riescono a non farla mai e poi demordere, tutto pur di mandare avanti lo show; ma davanti alle avance dell’uomo, e l’omertà generale con la quale si ritrova a scontrarsi, l’attrice scappa come un fulmine, segnando la fine dei giochi per tutti. Un destino paradossale considerando che, l’ostacolo principale della sua carriera è stata proprio la bellezza. Non abbastanza bella per il ruolo della segretaria, e troppo donna e intelligente per uno ruolo di spessore.
Ancora una volta ad Alison Brie viene affidato il compito più arduo di tutti e l’attrice, senza deluderci, ci regala una performance unica, adorabile. Difficilmente si riesce ad odiare Ruth, ed è forse proprio questo che indispettisce così tanto chi le sta intorno. La Brie, dallo stacco di gamba sensuale che sui red carpet riesce sempre a farci girare la testa, ma che non scherza neanche sul ring, si mostra un’attrice carismatica, versatile. Capace di passare dal dramma alla commedia, convincente sia con troppo trucco che nella sua versione più naturale. Ed incarna perfettamente le problematiche con le quali tante di noi continuano a fare i conti.
Nell’epoca del #MeToo l’atteggiamento di Ruth è più profetico che mai.
Per quanto il senso di colpa, e il giudizio di qualche collega superficiale che si ostina a considerare le donne come pezzi di carne, l’abuso di potere, le molestie o la violenza sessuale non sono la carta di scambio per la carriera o per il successo. La serie riprende perfettamente, in modo non poco grottesco, le situazioni drammatiche all’interno delle quali continuiamo a scontrarci; il terrore di un “no” che potrebbe cambiare per sempre la nostra vita, ma anche la consapevolezza che il tacere ci porterà a compiere passi sempre più indietro.
Ma di attuale ci sono anche i sacrifici di una madre di colore, che si ritrova sbeffeggiata dal figlio nel vedere il suo personaggio rappresentare tutti gli stereotipi attribuiti alle donne e uomini di colore; la non accettazione del proprio orientamento sessuale, quella che dovrà affrontare il giovane produttore Bash Howard (Chris Lowell), trovandosi faccia a faccia con una perdita dolorosa e inaspettata; e anche il superamento del divorzio da parte di Debbie, vedendosi crollare la sua vita da mogliettina perfetta in un solo colpo. Una bella casa, un bel soggiorno, dei bei vestiti, una vita apparentemente perfetta, quale senso potranno mai avere senza un marito? E la donna sentirà crollare anche le proprie certezze in quanto madre.
Ma questa seconda stagione insegna a tutte le sue protagoniste (e anche protagonisti) proprio a toccare il fondo. Arrivare nel proprio inferno interiore per poi poter rinascere, come delle bellissime fenici, orgogliose amazzoni pronte a battersi nel loro splendore atipico, del tutto contrario agli schemi imposti da una società in fase di cambiamento e che, ancora oggi, si trascina dietro alcuni fantasmi del passato.
La forza di uno show
Quando si ha tra le mani uno show come GLOW, le seconde stagioni spaventano sempre tantissimo. Non è facile gestire una serie che prende lo stereotipo e lo usa come chiave di lettura di tematiche importanti come sessismo, razzismo e omofobia. Nel caso di GLOW sono proprio le donne a mettere in scena con i loro doppi personaggi queste sfumature complesse dello show; lo fanno attraverso l’ironia ma anche attraverso la loro fragilità, attraverso il gioco e le gag ma anche con la fatica di riuscire a trovare un modo per comunicare con se stesse.
La seconda stagione di GLOW non solo riprende tutto questo, ma lo fa ancora meglio. Porta lo spettatore, uomo o donna che sia, ad entrare in comunicazione con quei personaggi. L’empatia è forse l’elemento più grande che ci sia in questa serie, proprio perché da gli strumenti di comprendere il mondo femminile, e non solo quello rappresentato da GLOW. Permette agli uomini di avvicinarsi di più a quelle strane creature che sono le donne; e permette alle donne di amarsi un po’ di più, accettarsi e non essere troppo dure con se stesse. I fallimenti servono a migliorare e si sa, a chi importa? Tanto ci si può ri-alzare. Importante è avere un’amica che sappia tenderci la mano e, al tempo stesso, ricambiare la cortesia anche noi.
Le Gorgeous Ladies Of Wrestling sono proprio questo! Nei loro difetti, pregi, sono “dolcemente complicate”, ma hanno una fame da leonesse, picchiano durissimo e sono pronte a tutto, tutto, pur di difendere se stesse e la propria famiglia che, in questo caso, non è assolutamente solo quella di sangue.