Donne e cinema: il grande progetto de Le Bestevem
Tre donne. Tre amiche. Tre imprenditrici del cinema.
Sono tre donne. Tre lavoratrici. Tre imprenditrici di se stesse. Loro sono Le Bestevem: Eva, Ester e Tania. Collettivo tutto al femminile che unendosi ha creato una sinergia messa al servizio dell’arte e dello spettacolo. Ed è proprio attraverso questa unione che nasce il 48h Film Project, una competizione internazionale che vede coinvolti centinaia di giovani filmmaker nel mondo, impegnati a realizzare un cortometraggio in sole 48 ore. In occasione della chiusa della main competition lo scorso 2 Novembre, le abbiamo incontrate per sapere qualcosa in più su di loro.
In un mondo lavorativo dove le differenze di genere sono ancora all’ordine del giorno, Le Bestevem nascono come un fiore nel deserto. Ma chi sono Le Bestevem? Le Bestevem è un’associazione culturale operante nel settore artistico e audiovisivo, impegnata nella ricerca di nuovi modelli di ideazione, produzione e distribuzione audiovisiva, che conta circa 5000 iscritti. Le tre socie fondatrici sono Eva (cantautrice e produttrice), Ester (architetto e scenografa) e Tania (produttrice e autrice): tre donne in carriera dall’anima creativa e imprenditoriale. Oltre ad essere le referenti e organizzatrici italiane del concorso “The 48 Hour Film Project Italia“, curano la comunicazione (online e offline), la promozione e l’organizzazione di eventi in ambito artistico, nonché la produzione di opere audiovisive di vario genere.
Il cinema dall’esterno può sembrare un luogo magico, dove i sogni diventano realtà, per tutti. Ma la verità continua ad essere molto lontana da questa apparenza. L’industria cinematografica continua ad essere un settore estremamente maschile dove, la voce femminile, è più necessaria che mai. Ed è proprio qui che entrano in gioco loro, un po’ come se fossero Le Occhi di Gatto del cinema, ancora più forti e dagli stimoli interessanti.
Proprio in questi giorni si è conclusa la main competition del 48h Film Project, giunto alla sua tredicesima edizione, e che ha visto nella sua giuria nomi come quelli di Luca Bigazzi, Nicola Guaglianone, Teresa Font, Stefano Maria Ortolani, Luca Anzellotti, Pino Pellegrino, Stefania De Santis, Ian Anderson, Massimo Gattabrusi, Ursula Patzak.
La squadra de Gli Anfausti ha conquistato il primo premio come Miglior Film con il loro corto “Nel mare ci sono gli squali”, l’importante riconoscimento è stato consegnato dalle organizzatrici insieme a Francesco Dobrovich, direttore artistico di Videocittà. Il concorso proseguirà con altri appuntamenti e si concluderà con l’assegnazione dei premi collaterali e la proiezione gratuita e aperta a tutti dei migliori cortometraggi del The 48 Hour Film Project, martedì 26 novembre dalle 20 alle ore 22.30 presso l’Odeon Multiscreen, in piazza Stefano Jacini n.22, all’interno del XV Municipio di Roma Capitale.
Proprio in occasione del 48h Film Project, abbiamo avuto l’occasione di conoscere meglio Le Bestevem, cercando di farvi spiegare proprio da loro l’essenza del loro progetto e cosa voglia dire essere donna in un’industria come questa.
Chi sono Le Bestevem? Come nascono? E qual è la loro mission?
TANIA: Siamo un gruppo di amiche che ha scoperto quanto è spassoso lavorare insieme. Qualche anno fa durante un pranzo in campagna ci dicemmo per gioco: perché non giriamo un cortometraggio tra sole donne? Di lì a poco nacque Eve al Desnudo selezionato poi nella sezione Short Film Corner al Festival di Cannes, realizzato da una troupe interamente al femminile e da un unico uomo, Tinto Brass, nell’inedita veste di attore. Ci divertimmo talmente tanto che decidemmo di proseguire la collaborazione. Sono passati 7 anni da allora. Ora Le Bestevem è una realtà riconosciuta e apprezzata in ambito audiovisivo, coinvolge tantissime giovani e giovanissime collaboratrici e ha come obiettivo quello di promuovere il talento dei futuri professionisti del cinema.
ESTER: Le tre socie fondatrici de Le Bestevem sono io, Eva Basteiro. Bertolì e Tania Innamorati. Insieme a noi però lavorano da anni Ainur Ramadan per la grafica, da oramai un anno ci sono Greta in amministrazione e Chiara è la nostra social media manager, oltre a loro ci sono anche altre. Ragazze.Le Bestevem nascono dall’idea di Unire Le Forze e per Dare Vita alle nostre idee, a dispetto di un contesto difficile che è quello della produzione culturale in Italia
“The Best of them” è il vostro motto: cosa rappresenta?
ESTER: Può essere inteso in due modi: il meglio di loro o o le migliori…diciamo che il primo significato è quello più realistico in quanto nel progetto Le Bestevem vogliamo dare il meglio.
TANIA: Le Bestevem è un acronimo dei nostri nomi e suona onomatopeicamente, appunto, come The Best of Them. Per me – Tania – sta a significare che l’unione delle nostre competenze e intelligenze produce risultati più apprezzabili di quelli che avremmo potuto raggiungere da sole.
EVA: Quello è stato in realtà una caso ed un mezzo scherzo. Le Bestevem suona ad una abbreviazione di “The best of them” quasi in slang…Ci sentiamo molto preparate, ma senza arroganza!
Tre donne. Tre imprenditrici. Ci sono state personalità che vi hanno ispirato nella vita e nel lavoro? Che vi hanno spronato anche nella costruzione del vostro collettivo?
ESTER: Sicuramente c’è la volontà di fare qualcosa di diverso da altri collettivi femminili, femministi o che fanno differenza di genere. Noi speriamo soprattutto di dare supporto ad altre donne nel lavoro ma senza discriminare. Volevamo creare qualcosa di nuovo e speriamo di riuscirci
EVA: Io personalmente non mi sono ispirata a nessuna donna, anche se ci sono figure del passato che mi piacciono particolarmente, come Lucrezia Borgia, accusata dalla storiografia di essere una avvelenatrice, ma in realtà una sopravvissuta di quei tempi e quella famiglia che riuscì a creare a Ferrara una delle corti più raffinate e culturalmente interessanti dell’epoca.
TANIA: Mi sono trasferita a Roma per studiare, qui mi sono sposata e ho avuto una bambina. Lavoro nell’ambito della cooperazione internazionale e in più porto avanti con passione il progetto Bestevem. I miei modelli sono proprio le mamme lavoratrici, in grado di districarsi tra mille impegni sia professionali che familiari. I nostri, in generale, sono le altre donne, il più delle volte costrette a veleggiare col vento contrario ma proprio per questo capaci di ottenere risultati straordinari, anche quelli che non hanno risonanza mediatica e dunque non fanno rumore.
Credete di essere a vostra volta una fonte di ispirazione?
ESTER: Speriamo di essere un esempio positivo, sicuramente abbiamo un buon numero di fans sia uomini che donne
TANIA: Ci piacerebbe semplicemente che le donne imparassero sempre di più, nel lavoro, a collaborare. Forse noi più degli uomini, in ambito lavorativo, siamo portate ad entrare in competizione: più si salgono le scale gerarchiche della società, infatti, più i posti “riservati” alle donne diminuiscono; e quando i posti sono pochi, la lotta diventa spietata. Sarebbe un bene per la società, invece, che le donne cooperassero di più perché hanno una naturalissima e straordinaria capacità di capire le esigenze dell’altro di prendersi cura di cose e persone.
Si dice che in team si lavora meglio, e a giudicare dal vostro percorso, penso possiate confermare. Al tempo stesso, quali sono state le difficoltà riscontrate in questi anni?
ESTER: Le difficoltà che si verificano tipicamente in ogni team, a nostro vantaggio però ci sono l’amicizia e la stima che ci lega al di là del lavoro che ci ha permesso di superare con convinzione le difficoltà, oltre ad una grandissima forza di volontà che caratterizza Le Bestevem
EVA: Noi lavoriamo benissimo insieme, perchè ci occupiamo di cose diverse . Le difficoltà chiaramente sono quelle di non trovarsi d’accordo in alcuni momenti.
TANIA: La burocrazia è sicuramente uno dei problemi più grandi che si incontrano in Italia quando crei impresa, soprattutto culturale. Districarsi tra leggi, norme e adempimenti e avere a che fare con la pubblica amministrazione non è affatto semplice, spesso anzi è il problema per eccellenza. Mi riferisco ad esempio ai tempi di erogazione dei finanziamenti pubblici vinti attraverso regolari bandi. Dalle aziende la PA richiede (giustamente) il rispetto ferreo delle scadenze nella rendicontazione, mentre le stesse istituzioni si permettono di rimandare i pagamenti anche di uno o due anni, senza né comunicazioni né preavvisi, semplicemente procrastinando. Non vi nascondiamo che abbiamo avuto grosse difficoltà per via di queste modalità.
Essere tre donne, quindi più complici, ha aiutato o c’è stato qualche momento dove l’una ha sopravvalicato sull’altra?
TANIA: Noi ci prevarichiamo ciclicamente, ma in questo ciclo abbiamo trovato un equilibrio. Ognuna di noi è più competente in un ambito e dunque le relative scelte o decisioni in quella determinata area di competenza hanno più peso. Ci affidiamo l’una all’altra. Siamo straordinariamente complementari.
EVA: In realtà quello che abbiamo notato è che riusciamo veramente ad essere multitasking. Siamo complici perchè siamo anche molto amiche, ed è normale però che in qualche momento una sopravvalichi su un’altra. Questo fa parte del lavorare in gruppo, è utopico pensare altrimenti.
Avete imparato più dai vostri successi o dai vostri insuccessi (se ce ne sono stati)?
TANIA: Come si dice, dagli sbagli si impara sempre. Diciamo che se non ci fossero stati gli innumerevoli errori commessi, non ci sarebbero stati neanche i successi. Non è una frase fatta: al termine di ogni progetto proviamo sempre a fare un’analisi degli errori per aggiustare il tiro la volta successiva. Nel caso del 48 Hour Film Project, ad esempio, chiediamo agli stessi partecipanti, anno dopo anno, di valutare spietatamente il nostro lavoro e di farci notare dove possiamo migliorare.
Secondo voi perché le parole “donna imprenditrice” fanno ancora un po’ paura?
TANIA: Le donne sono da sempre amministratori delegati, ma non se ne accorgono. Gestire una famiglia non è tanto dissimile dal gestire una società. In rete qualche tempo fa girava un video in cui venivano svolti finti colloqui per un posto di “Direttore delle operazioni”, lavoro che veniva presentato come difficilissimo e faticosissimo, che presupponeva una eccezionale propensione al problem solving, spiccate doti relazionali, straordinarie capacità culinarie, mediche ed economiche. Tutti i candidati rimanevano stupefatti per quella proposta inaccettabile e disumana. Alla fine veniva svelato loro che quello non era altro che la descrizione del lavoro quotidiano di una mamma. Le donne neanche si accorgono dell’importantissimo e silente compito che svolgono ogni giorno e dunque delle loro straordinarie potenzialità, ovvio quindi che quelle che hanno ben chiaro il proprio potenziale fanno molta paura in un mondo ancora maschile; sono inarrestabili…
In un Paese come l’Italia, soprattutto in ambito cinematografico (ma non solo), secondo voi c’è più un problema di discriminazione tra uomo e donna o forse di disparità? Basti anche solo pensare a quanti più film di registi uomini vengono prodotti rispetto ai film delle registe…
EVA: Sicuramente c’è disparità, o forse a causa di questa disparità c’è discriminazione.
ESTER: Basti anche solo pensare a quanti più film di registi uomini vengono prodotti rispetto ai film delle registe…Le ragioni di queste differenze sono molteplici, a partire da quelle storiche e culturali. le cose cose stanno cambiando ma ci vorrà del tempo
TANIA: E’ difficile secondo me scindere i due termini perché sono due facce di una stessa medaglia. È vero che non esiste ormai un solo uomo sano di mente in Occidente che pensi ancora che le donne siano esseri inferiori da relegare in casa, ma che gli uomini abbiano ancora moltissime più opportunità professionali di una donna (in tutti i settori) è evidente, basta confrontare quanti di essi ricoprono posizioni apicali rispetto alle colleghe. Nel cinema è ancora più facile fare il confronto. Quante registe italiane riuscite a contare? Io credo, però, che la responsabilità – in parte – sia anche delle stesse donne che hanno interiorizzato una specie di velata sudditanza. Vi faccio un paio di esempi. Tra le nuove leve – mi riferisco ai ragazzi che partecipano annualmente al 48 Hour Film Project – le registe sono 2, al massimo 3, su 70. Questo dato, se ci pensate, è impressionante. È un gioco, potrebbero osare, buttarsi, invece si accodano. Le troupe sono piene di donne che ricoprono ormai qualsiasi ruolo ma lasciano quasi sempre che sia un uomo a dirigerle. Un altro esempio emblematico: qualche mese fa io e un mio caro amico abbiamo deciso di dirigere insieme un cortometraggio, prodotto appunto da Le Bestevem. Tutta la troupe, indistintamente (uomini, ma anche tutte le donne!) chiedevano informazioni e conferme al mio amico e non a me. Avevano eletto lui a regista, io al massimo, per loro, ero una specie di consigliera. Ho dovuto richiamarli e farlo notare. È stato un esperimento sociologico (involontario), molto divertente. Le donne, a mio modesto parere, dovrebbero lavorare ancora sul rafforzamento della fiducia in loro stesse e sulle altre donne. Anche noi dobbiamo continuare il nostro percorso di emancipazione, non soltanto gli uomini.
Uno dei frutti del vostro lavoro è il 48h Film Project. Per chi non lo conoscesse, che cos’è? E come è nato?
ESTER: È un contest internazionale che si svolge in più di cento città in tutto il mondo e ti permette di girare un cortometraggio in 48 ore. Nella edizione italiana abbiamo cercato di valorizzare il più possibile i i cortometraggi e le persone che li hanno realizzati
TANIA: Il 48 HFP è un contest internazionale per filmmaker, che si svolge in 140 città in tutto il mondo e a Roma, unica tappa italiana. Consiste nella realizzazione di un cortometraggio di 7 minuti in 48 ore, includendo obbligatoriamente 3 elementi: una linea di dialogo, un oggetto e un personaggio. I ragazzi hanno dunque 2 soli giorni per scrivere, girare e montare un cortometraggio, una sfida davvero adrenalinica. In Italia di svolge da tredici edizioni ma nel resto del mondo da 25 anni. È uno dei contest per filmmaker più longevi al mondo e anche tra quelli che raccolgono il maggior numero di adesioni. Soltanto in Italia i partecipanti sono più di 1000. Siamo approdate al 48 Hour Film Project per sbaglio ma sotto la gestione Bestevem il contest è cresciuto molto, imponendosi come uno degli appuntamenti più importanti dell’anno per i giovani filmmaker italiani.
48h per creare un film. Una bella sfida per i giovani talenti, no!?
EVA: Tra i partecipanti c’è chi ci prova ogni anno. Vi sareste aspettate una così forte carica emotiva e partecipativa sempre più crescente da questo concorso? È sorprendente, ma riesco a capire perché crea così dipendenza. La cosa bella è che alla fine riusciamo a conoscerli ed alcuni sono diventati anche amici. È molto bello vedere come si creano questi legami.
TANIA: Se non lo organizzassimo parteciperemmo ogni anno perché è divertentissimo. È anche molto stancante però. Ci sono squadre che si preparano istituendo una vera e propria tabella di marcia, rigidissima, che prevede anche turni di sonno e veglia. I ragazzi imparano molto dall’esperienza del 48 e si creano solidi gruppi di lavoro. Inoltre è una vetrina internazionale straordinaria per i partecipanti.
Tra i partecipanti c’è chi ci prova ogni anno. Vi sareste aspettate una così forte carica emotiva e partecipativa sempre più crescente da questo concorso?
TANIA: Quando si assiste ad una serata di premiazione del 48 Hour Film project si rimane rapiti ed estasiati dall’energia e dall’entusiasmo che si respira, è un’esperienza galvanizzante. Lo è per i ragazzi ma anche per noi organizzatrici. Ogni anno inoltre rimaniamo stupite di quanto cresca qualitativamente il livello dei corti prodotti. Non hanno nulla da invidiare a cortometraggi ad alto budget, anzi spesso fanno loro concorrenza ai festival di settore. Il 48h Film Project è uno dei contest che più sprona i giovani a mettersi in gioco in un campo tanto affascinante quanto complesso come il cinema.
Negli anni, stando così a contatto con i giovani aspiranti filmmakers, avete potuto notare nel cinema italiano un allontanamento o avvicinamento nei confronti dei più giovani?
TANIA: Negli anni abbiamo potuto notare una progressiva riduzione delle risorse destinate alla produzione cinematografica e dunque una conseguente polarizzazione di quelle risorse. È ovvio che meno soldi ci sono più vanno ai pochi grandi nomi, a discapito dei giovani talenti. Vivere di cinema è difficile, lo è ancora di più per chi non svolge un mestiere tecnico come il fonico o l’operatore di macchina. Non è questo né un paese per registi né per attori.
EVA: Sicuramente l’età sta scendendo. Ci sono ancora delle perplessità quando uno ha una giovane età, come se si possa dubitare del talento. È anche vero che adesso si fa tanta apologia della giovinezza come se fosse un valore che uno coltiva, e si cerca un consenso che a volte perde di mira la qualità. Secondo me è il talento che deve contare, indipendentemente dall’anagrafe.
Ci sono altri progetti per il futuro momentaneamente in cantiere?
TANIA: I progetti sono tanti. Ora, ad esempio, stiamo post producendo un corto dal titolo Il Mai Nato, di cui, almeno personalmente vado molto fiera. È un mockumentary che, utilizzando gli stilemi del paradosso, mira a far riflettere su alcune tematiche fondamentali in questo periodo storico come la tutela dell’ambiente.
EVA: Si, stiamo portando in giro un corto prodotto da noi e scritto da Tania Innamorati. Ne abbiamo un altro in fase di post-produzione e stiamo anche producendo il mio album in uscita molto presto.