Monica Bellucci, al Festival di Venezia in tutto il suo fascino
Monica Bellucci presenta al Festival di Venezia la nuova versione estesa della pellicola Irréversible di Gaspar Noe
A distanza di diciasette anni, Irréversible di Gaspar Noe arriva al Festival di Venezia, accompagnato dalla sua bellissima protagonista, Monica Bellucci, e dal protagonista – nonché ex marito della nostra attrice italiana – Vincent Cassel. Pellicola controversa, provocante ed estremamente violenta, viene presentata al Lido con una versione tutta nuova ed estesa.
All’età suonata di 54 anni, non una ruga scalfisce il bellissimo volto di Monica Bellucci, attrice italiana di origine umbra, amatissima nel mondo e, soprattutto, a Parigi, patria dove la nostra Monica è spesso musa e protagonista di pellicole francesi.
Formosa, labbra carnose e capelli lunghi e corvini. Monica Bellucci ha da sempre rappresentato la bellezza mediterranea in tutta la sua passionale espressione e, spesso e volentieri, anche all’interno dei suoi ruoli la Bellucci ha portato sullo schermo donne bellissime e indipendente, spesso additate dalla società proprio a causa della sua bellezza.
È stata sposata con l’attore francese Vincent Cassel per quattordici anni, da cui ha avuto due figlie. Spesso i due hanno lavorato insieme, come per esempio nella pellicola Irréversible di Gaspar Noe. Correva l’anno 2002 e Gaspar Noe aveva già fatto parlare di sé per la violenza della sue storie. Irréversible non è da meno; anzi, la pellicola sconvolge e disturba. Controversa e violenta, al suo interno conserva una delle scene di violenza carnale più lunghe e feroci di sempre al cinema.
A distanza di diciassette anni, Irréversible ritorna al cinema in una versione più estesa. Proprio per questo motivo l’attrice arriva al Lido per presentare la pellicola assieme all’ex-marito e regista del film. In occasione della presentazione del film, Monica Bellucci incontra la stampa italiana, discutendo di come il pubblico di ora si approccerebbe il film, se c’è qualcosa cdi cui si pente per averlo girato e se, oggi, non solo donna ma anche madre, avrebbe accettato la parte.
Irréversible è sicuramente stata una pellicola fondamentale per la tua carriera. Cosa vuol dire riportarlo a distanza di diciassette anni qui?
“Questo nuovo montaggio mette ancora più in evidenza il contrasto fra la bellezza e la violenza di cui il film ne è sempre stato intriso. Siamo in un momento storico dove è giusto affrontare tematiche scottanti con far polemico. Se il cinema, come nel caso di questo film, può spronare al dialogo, all’affrontare questi temi, allora sono felice di poter rivedere ancora una volta Irréversible.”
Secondo te, tra ieri e oggi, come la percezione delle persone è cambiata nell’affrontare questi temi? E come è cambiata la tua percezione?
“La grande differenza tra ieri e oggi la vedo attraverso le mie figlie. Credo che le generazioni di oggi siano più preparate rispetto a quanto lo fossimo noi all’epoca. Bisogna trovare un terreno di comunicazione comune per tutti perché la tematica dell’abuso è importantissima. Le nuove generazioni sono più aperte, hanno una mente più lucida. Dovremmo approfittarne!”
Considerando il tuo stesso ruolo nel film, come pensi siano cambiati ruoli tra uomo e donna?
“Ci sono alcuni temi sensibili e scottanti di cui è difficile parlare ma di cui bisogna parlare. Auguro alle mie figlie un mondo migliore, un posto migliore, ma anche un posto aperto al dialogo dove non dobbiamo più soffermarci sulle “differenze”. Rispetto a ieri, però, un po’ di cose sono cambiante, anche se a piccoli passi. Penso ai papà che restano in casa o che portano a passeggio in passeggino i proprio figlie. Mamma lavoratrici. Donne registe. scienziate, donne di politica. A poco a poco gli uomini stanno entrando nella nostra sfera di mondo. In questo momento credo che questo sia un terreno molto feritile di comunicazione e ne dovremmo davvero approfittare.”
Irréversible è un cult spesso e volentieri ricordato per la sua iconica, e disturbante, scena di stupro anale di venti minuti. Una scena interamente girata in piano sequenza. Quanto è stato complicato girare una scena simile e quanto ti sei sentita coinvolta?
“Indubbiamente questo film e questa scena hanno rappresentato per me un’esperienza di vita e professionale molto forte, dobbiamo però sempre partire dal presupposto che quello che stiamo vedendo non è la realtà, ma bensì la simulazione di essa. Tralasciando che la realtà, purtroppo, è sempre peggio, ma in un contesto simile sei in una comfort zone. Conoscevo il regista, gli attori accanto a me, recitavo con il mio partner. Tutto era coreografato come se fosse una danza. Ero libera, fuori da qualsiasi rischio. Avevo intero potere sul mio corpo. E poi tutto il contorno di quella scena era importante. Dovevo parare colpi, calci. Era davvero una danza. Una forma armonica di movimenti. Eroi coinvolta si, ma in questo caso il filtro del cinema si percepisce sempre.
Probabilmente da un punto di vista professionale è stata molto istruttiva, perché è raro, rarissimo, avere la possibilità di girare una scena lunga venti minuti. Quello non è più cinema, diventa teatro. E penso che avere questo tipo di libertà di movimenti, renda molto liberi e indipendenti.”
A distanza di diciassette anni, pensi che rifaresti questo film?
“Wow, è una domanda difficile. Non ci ho mai pensato. Sarebbe diverso, credo, più complesso. All’epoca ero giovane, diversa, affamata. Non dovevo dar conto a nessuno. Adesso no, adesso ci sono le mie figlie e mi domando come possano reagire loro ma, soprattutto, la gente intorno a loro. I compagni di scuola, le amiche, gli insegnanti, nel vedere la mamma in un ruolo intenso come quello. Ci rifletterei due volte adesso prima di accettare un ruolo così compromettente e, forse, ne parlerei prima con loro e poi prenderei una decisione.”