Random Access Memories dei Daft Punk e l'effetto coolness
Da quando è uscito sembra che non ci sia album più bello, ok parliamone, non sarà effetto dell'allure del duo francese?
È uscito da qualche giorno Random Access Memories, l’ultimo album dei Daft Punk. Non so come la vivete voi, ma per quel vedo e leggo in giro sembra che al mondo non ci sia mai stato un disco prima di questo.
Dopo l’ultimo album della discografia originale, Human after all del 2005, il misterioso duo francese, Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, paladini della musica elettronica con la passione per i caschi da stormtrooper ha fatto il botto di consensi con un album pieno di collaborazioni importanti: Giorgio Moroder, Pharrell Williams, Nile Rogers, Julian Casablancas (Strokes), Paul Williams, Panda Bear, Todd Edwards.
Sui social network è un tam-tam di playlist, commenti, ovazioni e tutti lì a incensare i Daft Punk e il loro RAM, anche da chi non ti aspetteresti la passione per l’elettronica.
Non vedevo tanto fermento online dalla fine del mondo dei Maya: mi stupisce l’ovazione per un album che, essendo io abbastanza refrattaria all’elettronica, non riesce a conquistarmi, nonostante pezzi accattivanti come il singolo Get Lucky feat. Pharrell Williams o il gusto vintage degli anni ’80 che ritornano prepotenti in Instant Crush feat. Julian Casablancas.
Random Access Memories è un album che incuriosisce per le sonorità che abbracciano progressive, house, techno, elettronica e melodia, tuttavia quando è uscito The Next Day di David Bowie (a dieci anni da Reality) o MBV dei My Bloody Valentine (oltre vent’anni da Loveless) il mondo s’è fermato qualche istante ma poi ha continuato ad andare avanti, con i Daft Punk siamo ancora a gridare al miracolo.
Annunciato da inizio 2013 con una spicciolata di dettagli (prima dei titoli svelata solo la durata dei brani), interviste agli artisti ospiti dell’album, indizi su quello che sarebbe stato il singolo di apertura, quando è uscito Random Access Memories ha incontrato il consenso planetario. Come racconta questo articolo, forse non è nemmeno necessario ascoltare i Daft Punk per decretarne il successo.
Non so voi, ma credo che quando un gruppo diventa iconico come quello dei Daft Punk per cui spuntano addirittura infografiche sull’evoluzione dei loro caschi e video tutorial per costruirsene uno in 749 passaggi (oltre tre milioni di visualizzazioni) la musica diventa parte di un “prodotto” più grande.
Per me Random access memories non è un album ma uno status symbol, se fai vedere che ti piace sei cool, come avere un iPhone5 o fare una vacanza a New York ospite di un amico creativo che vive proprio a due passi da Manhattan. E a voi piace? Lo ascoltate di continuo?