Roma invisibile: un documentario svela storie di vita tra senzatetto e margine sociale
La Capitale d’Italia è conosciuta per la sua storia millenaria e la sua bellezza architettonica, ma c’è un’altra Roma, fatta di storie invisibili che vengono raccontate nel documentario “San Damiano”. Prodotto e diretto dai giovani filmaker Gregorio Sassoli e Alejandro Cifuentes, il film si concentra su un aspetto meno visibile della metropoli: le vite di senzatetto, tossicodipendenti e immigrati clandestini intorno alla stazione Termini. Sarà presentato il 23 ottobre alla Festa di Roma al Maxxi come evento speciale.
La comunità emarginata di Roma
“San Damiano” si apre su una Roma drammatica, una realtà in cui si intrecciano storie di vulnerabilità e povertà. La stazione Termini diventa un microcosmo di vite abbandonate, un luogo dove senzatetto, tossicodipendenti e alcolisti lottano quotidianamente per la loro sopravvivenza. Sassoli e Cifuentes, che hanno trascorso del tempo come volontari con l’associazione Sant’Egidio, hanno fatto personalmente esperienza di questa realtà, portando viveri e assistenza a chi vive in condizioni di estrema difficoltà. Questa esperienza ha permesso loro di capire la necessità profonda di queste persone di raccontarsi, di spiegare come siano finite in quella situazione di marginalità.
“Queste storie non nascono da una scelta, ma da una serie di eventi dolorosi e rifiuti sociali” raccontano i due registi. Molti dei loro soggetti di documentario hanno una storia tragica alle spalle, spesso segnata da famiglie che hanno smesso di accettarli o da un sistema che li ha esclusi. “Oggi vivono in una società che li ha relegati ai margini, all’interno di una comunità sempre più individualista,” aggiungono i registi.
Questo documentario non si limita a mostrare la povertà, ma cerca di esplorare l’umanità di queste persone, invitando il pubblico a guardare oltre l’apparenza e a comprendere le storie che si celano dietro le vite in difficoltà.
Un ritratto di vita: Damian e gli emarginati di Termini
Mentre i registi si sono immersi nella vita della stazione Termini, sono stati attiratti dalla figura di Damian, un trentottenne polacco che è stato il fulcro del racconto. Sbarcato a Roma con solo 50 euro in tasca e con il sogno di diventare un cantante, Damian ha trovato rifugio non nei marciapiedi, ma sulle Mura Aureliane, dove ha iniziato una tumultuosa relazione con Sofia, un’altra anima perduta.
Intorno a Damian ruotano altri personaggi significativi: Alessio, un sardo in difficoltà, Costantino, un pensionato, e molti altri, tutti coinvolti in relazioni di cameratismo e conflitti. “Siamo stati colpiti dal carisma e dalla resilienza di Damian, che mostra una fiducia nel futuro in netto contrasto con la sua realtà attuale,” affermano Sassoli e Cifuentes.
La decisione di realizzare un documentario, piuttosto che un film di fiction, è stata per i registi una risposta alla richiesta di autenticità, ponendo l’accento sull’importanza di raccontare le storie di vita senza filtri. “Abbiamo vissuto e dormito per strada come loro per comprenderne le esperienze e le emozioni,” spiegano i registi. Attraverso questa vicinanza, il film si propone di dare una voce alle marginalità, presentando una prospettiva che raramente viene condivisa.
Un destino segnato e la speranza nel carcere
L’icona centrale del documentario, Damian, ha subito un arresto per furto e possesso di sostanze stupefacenti. Questa situazione ha portato a un’ulteriore spirale di difficoltà, con Damian che è stato trasferito in un carcere psichiatrico a Breslavia, in Polonia. I registi, tuttavia, mantengono un contatto come se Damian fosse ancora parte della loro vita quotidiana. “Lo sentiamo al telefono ogni domenica,” dicono, “e lui non ha perso la speranza di diventare un grande cantante.”
Il documentario “San Damiano” nasce quindi come un tentativo di umanizzare quelli che spesso vengono considerati semplicemente come problemi sociali e di mostrare come l’ingiustizia dei destini possa trovare un impulso verso la speranza e la rinascita. Con una narrazione cruda e autentica, il film invita a riflettere su come la società possa affrontare la questione delle marginalità, spingendo il pubblico a vedere e ascoltare chi vive ai margini, ma che ha tanto da raccontare.