Valeria Golino: “Non racconto mai cose che riguardano me o la mia famiglia, ma prendo spunto da ciò che mi circonda.”

Al Festival di Cannes Valeria Golino presenta il suo nuovo film Euforia assieme a tutto il cast

Quest’anno il Festival di Cannes si è popolato di belle, bravissime e formidabili donne. Dopo la nostrana Alice Rohrwacher e il suo Lazzaro Felice, sulla croisette arriva anche Valeria Golino con la sua seconda opera come regista, Euforia. Presentato dentro Un Certain Regard, la Golino ci mostra un’opera dalla struggente delicatezza, una storia senza tempo e che prende spunto dal reale, realizzata con il supporto dei suoi amici più cari.

Euforia

Capeggiato da due grandi attori come Valeria Mastandrea e Riccardo Scamarcio, nel film Euforia di Valeria Golino c’è molto dell’universo femminile, della forza e fragilità dell’essere donna. Tre donne diverse, personaggi “svolazzanti” come afferma la stessa regista, coinvolte in quello che è una sorta di dramma familiare tra due fratelli, Matteo (Riccardo Scarmarcio) ed Ettore (Valerio Mastandrea).

Matteo ed Ettore sono due persone incredibilmente diverse: il primo intraprendente, affascinante e con una carriera di successo; il secondo, invece, da sempre cauto, integro e nell’ombra. Gli imprevisti della vita, non sempre felici, porteranno i due a ri-trovarsi, a compiere un percorso insieme prima dell’inevitabile, l’uno scoprendo qualcosa dell’altro. Ed un po’ come Miele, primo film da regista per la Golino, sempre presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, anche in Euforia ritorna il tema della morte, elemento integrante della nostra vita, che nel caso della regista sembra essere un po’ il punto di congiunzione in questa sua nuova espressione artistica.

Euforia

Quando mi fermo a teorizzare su quello che faccio e come lo faccio penso anch’io al fatto che sia un dittico della morte. Certo, sempre quando mi fermo a pensarci su riesco a trovare questa relazione tra i film che ho fatto. Quando ho deciso di fare Euforia non è stata una cosa ragionata o tematica. Se lo è stato, è stato comunque inconsciamente per poi diventare palese una volta fatto.

Tornando alla morte, anche il mio direttore della fotografia quando gli ho mandato il copione ha subito visto questo ritorno, visto che aveva lavorato anche sul mio film precedente. Quando si racconta un film oggi è sempre difficile raccontare qualcosa di drammatico che vada al di fuori di situazioni violente, luoghi confinati ad un certo degrado sociale, guerre. È chiaro, però, che quando hai intenzione di raccontare l’esistenziale dal puro punto di vista drammaturgico, la morte resta regina delle nostre paure.

Valeria Golino nasce come attrice, molto amata sia in Italia che all’estero, collaborando con grandi cineasti, ma dal 2013 ha iniziato la sua carriera anche come regista. E a cinque anni di distanza, dopo tanta ricerca, arriva Euforia che segna, senza ombra di dubbio, il percorso intrapreso da questa grande artista.

Euforia

Era da tanto che cercavo una storia per il mio secondo film. Ne ho parlato per mesi con la mia produttrice, leggendo libri, rielaborando storie ed idee. Nulla però riusciva davvero a interessarmi, a soddisfarmi. È stato un periodo molto duro, ma durante questo con la cosa dell’occhio ho iniziato a vivere una storia molto simile a quella che stavo raccontando. Un mio caro amico stava vivendo, sulla sua pelle, qualcosa di analogo. Ovviamente quel mio amico non è come il personaggio di Riccardo e non ha un fratello come quello di Valeria, ma nel raccontare i suoi avvenimenti ho iniziato a rielaborare le idee. E uno dei suoi racconti mi ha fatto subito pensare che potesse essere una potenziale storia, un film. Quello è stato il mio punto di partenza, da quel momento poi ho iniziato a lavorare cercando di allontanarmi sempre di più dalla realtà di quell’esperienza.

Come tante storie tratte dal reale, e quest’anno Cannes sembra aver puntato proprio a questo, anche Euforia arriva proprio da lì. Non è semplicemente la storia magistralmente diretta dalla Golino che ci porta quasi in uno stato di grazia, ma sono anche i personaggi a permettere allo spettatore di empatizzare, creare un legame, un ponte. Ci si riflette in quello specchio di emozioni che, appunto, attinge dalla vita di tutti i giorni.

 

È chiaro che tutto quello che fai è autobiografico. Anche in Miele ci sono tante cose biografiche, ma non è mai autofiction! Non racconto mai cose che riguardano me o la mia famiglia, ma per esempio in Miele c’erano tanti spunti derivanti dal mio papà. Ed anche in questo ci sono tanti elementi presi dal reale, per esempio gli storni che collegano i personaggi e che sono leganti ad una telefonata bislacca tra Riccardo e Jasmine, i quali inconsciamente si sono ritrovati nello stesso punto della città mentre erano al telefono, e sono stati proprio gli storni a permettere a entrambi di capire che, per caso, si trovavano esattamente nello stesso punto. È tutto un insieme di spunti che poi diventato drammatici, comici. Diventano racconti.

E il racconto di Valeria Golino è emozionante, toccante, sincero ed euforico. Un contrasto di emozioni perfetto che prende vita grazie anche ai suoi interpreti. Non solo attori, ma gli amici di una vita, tutti con le loro piccole imperfezioni che, come una cena il sabato sera, si sono ritrovati fin da subito legati da una profonda armonia.

Euforia

Su questo set è davvero scattata l’euforia che c’è tra di noi. Siamo tutte persone che si conoscono bene e abbiamo accettato di lavorare mettendo anche in gioco delle emozioni personali, anche quelle di esperienze vissute. Il film ci dava queste opportunità, il testo e l’idea. È come se Valeria ci facesse recitare su un’altra frequenza, diversa ma perfettamente in sintonia. In ogni scena come una vibrazione negli sguardi, dialoghi e modo di recitare. C’è sempre uno scambio energetica tra attore e regista. Che poi… Sono loro i primi spettatori del film.

Afferma Riccardo Scamarcio che, insieme a Valerio Mastandrea, è protagonista del film. Un film dai principali personaggi maschili ma dalla grande componente femminile che aiuta la pellicola a restare in quell’apparente stato di grazia, in bilico tra la vita e la morte. “Non è stato un personaggio facile.” Ci racconto Mastandrea.

Euforia

Il film racconta di una persona convinta di farcela, di avere gli strumenti, le armi per vincere qualsiasi tipo di battaglia; ma nel momento in cui si rende conto che nulla potrà fare contro questo male. In quel momento capisce che l’unico modo per poterlo affrontare è spogliarsi da quello che pensa di aver raggiunto negli anni, nella vita. Il mio personaggio sa che ha ed io l’ho portato avanti in modo tale che fosse sempre consapevole di questa cose, da poter guardare il cambiamento degli altri nei suoi confronti.

Euforia è un film che vuole rappresentare la vita nel suo ultimo respiro. I legami, quello slancio di allegria, felicità, appunto euforia un attimo prima che la giostra si fermi per sempre. Una pellicola che mostra l’enorme sensibilità della Golino, la quale fa sì che i personaggi di Scamarcio e Mastandrea vengano incorniciati dalla flebile presenza femminile di Isabella Ferrari, Valentina Cervi e Jasmine Trinca. Personaggi sicuramente secondari ma che donano un’importanza fondamentale alla pellicola.

Euforia

 

Penso che tutte e tre ci siamo sentiamo parte di qualcosa più grande del solo nostro personaggio. Non mi sono sentita così sicura e voluta come sul set di Valeria. Quando ho visto il film, nonostante avessi amato molto la sceneggiatura, mi ha colpito quanto più in alto fosse andata Valeria. Dissacra così la spiritualità dell’altrove. Secondo me il film attraverso tutti i personaggi riesce a toccare quella zona.

Afferma Valentina Cervi, seguita a ruota da Jasmine Trinca:

La cosa eccezionale di Valeria è l’ingenuità con cui fa le cose. Che sia dirigere un film o fare degli scarabocchi o scatti fotografie, c’è sempre una sorta di inconscio che la muove. È questo di lei che mi ha fortemente toccato. Se conosci Valeria, allora la vedi forte e tangibili all’interno dei suoi film.

Euforia

Parlando di femminilità, di donne e di forza, Cannes quest’anno si è mostrato un centro nevralgico per i movimenti attivisti. Il giorno precedente alla proiezione del film, è stata presentata nella cornice del Festival un’incontro che ha riunito tutti i movimenti femminili contro violenza e disparità, dall’inglese Time’s Up all’italiano Dissenso Comune. E viene chiesto ovviamente alla regista, in quanto esponente della componente femminile all’interno del Festival, la sua posizione in merito.

C’è tanto da dire. Questo è un momento molto importante per noi, ma anche molto serio e molto complesso. Sono felice che quest’anno ci siano tante registe e il mio augurio è che ce ne siano sempre di più. Questo tipo di movimento sono estremamente importanti, perché portano alla riflessione e alla discussione. Dobbiamo anche capire che saremo inevitabilmente portati all’inizio a fare un passo avanti e poi due indietro, di nuovo uno avanti e poi due ancora indietro, e così via. Questo perché quando si parlare di queste cose nessuno è mai davvero preparato, è troppo complesso. Credo comunque che sia importante esporsi in questo senso e di volta in volta cercare di evolversi. Ci sono cose che vanno cambiate, però non mi piace schematizzare il cinema in uomo o donna, quote rosa o non. Non è questo il senso!