Diario di viaggio in Sudafrica: 4 giorni a Cape Town e dintorni
I primi 4 giorni del mio viaggio in Sudafrica, da Cape Town a Cape Point, all'estremo sud-ovest del continente africano
Per la seconda volta in vita mia, alla fine di un viaggio ho pianto. Insomma, non un pianto a dirotto, non perdo certo il mio aplomb… ma accidenti, un piantarello me lo sono fatto. Il Sudafrica è una terra magnetica, bellissima e complessa, meravigliosa e drammatica, facile da guardare e impossibile da comprendere nelle sue mille contraddizioni, nella sua storia non ancora risolta, nelle sue tante lingue (ben undici) che sono lo specchio della composizione multi-etnica e multi-culturale della sua popolazione.
Nei quindici giorni che ho trascorso in Sudafrica ho viaggiato da Nord a Sud e ritorno e ho fatto troppe cose per raccontarle tutte insieme. Oggi quindi comincio con la mia prima tappa in quella che i sudafricani chiamano la “Città Madre”, Cape Town, e i suoi splendidi dintorni.
Giorno 1: City Bowl, Bo-Kaap e Waterfront
Sono partita dall’Italia insieme alla mia dolce metà e ad i miei amici Laura e Stefano. A Pretoria ci aspettavano Antonio ed Alessia, che vivono lì e che ci hanno accompagnato nella seconda parte del viaggio al Kruger National Park.
Abbiamo volato con la Qatar Airways (ottima, ci dicono sia la migliore dopo la Emirates Airlines) da Roma a Johannesburg, con scalo a Doha, e poi con la South African Airlines da Johannesburg a Cape Town.
Sin dall’inizio, questo viaggio ci ha regalato fortissime emozioni: mio marito è arrivato al check-in con il passaporto sbagliato. Ma lasciamo perdere tutta la parte del racconto in cui io divento viola in volto, voglio ucciderlo a mani nude e parlo come se fossi posseduta da Satana. Andiamo direttamente al lieto fine: siamo riusciti a partire.
A Cape Town abbiamo deciso di non pernottare in città ma a Milnerton, un sobborgo residenziale sulla costa settentrionale. Abbiamo spulciato in rete tra i canali classici (Booking, Venere, ecc…) ed altri specifici come Where To Stay. Alla fine abbiamo optato per una bella guest house in una zona verde e tranquilla, Lagoon Lodge.
Ritirata l’auto a noleggio in aeroporto, giusto il tempo di mollare le valigie alla guest house e poi via, ci siamo diretti in centro a Cape Town. Attenzione! In Sudafrica si guida a sinistra e bisogna procurarsi una patente internazionale prima della partenza: basta andare alla Motorizzazione Civile, fare le solite file, riempire le solite scartoffie e sganciare i soliti 40 euro. È dura abituarsi a marciare sul lato sbagliato della strada: ogni volta che svoltavamo imboccando la corsia di sinistra urlavo come un’ossessa convinta che fossimo contromano.
La nostra prima tappa è stata il City Bowl, il centro vitale di Cape Town. Parcheggiata l’auto nei pressi di Grand Parade, la piazza dove Mandela pronunciò il suo primo discorso dopo 27 anni di carcere a Robben Island, abbiamo percorso Darling Street, imboccato qualche traversa e siamo infine arrivati a Greenmarket Square.
Qui ci siamo seduti ai tavolini di un delizioso bar, Mumbo Jumbo, abbiamo ordinato un tè Rooibos e ci siamo goduti il tran tran del mercato che chiudeva, con tutti i venditori indaffarati a smontare e metter via la merce. Abbiamo subito avuto l’impressione di una città piena di vita ma dai ritmi rilassati, dove il melting pot, sogno appena iniziato in questa nazione che mostra ancora impietosamente le ferite aperte dell’apartheid, inizia a diventare realtà.
Quando il sole ha iniziato a scendere, ho costretto i miei compagni di viaggio a tracannare il tè in un sol sorso per correre a Bo-Kaap, il quartiere musulmano famoso per le sue facciate coloratissime, che volevo assolutamente fotografare con la luce del tramonto.
Dopo il tramonto, sembra quasi che in centro a Cape Town cali il copri-fuoco: le strade si svuotano completamente e all’improvviso non ci sentivamo più così al sicuro tra marciapiedi deserti e vetrine buie. Ci siamo spostati verso le luci artificiali del Waterfront, dove ci siamo regalati una cena di benvenuto in Sudafrica al Quay Four, specialità: pesce cucinato in stile malay. Vino? Sudafricano, ça va sans dire!
Giorno 2: da Cape Town a Capo di Buona Speranza
Per il giorno successivo era previsto sole, così abbiamo deciso di rimandare altri giri a Cape Town per andare a Cape Point, l’estremità sud-occidentale dell’Africa. Sulla mappa avevamo segnato le tappe da fare: lungo la costa della penisola di Western Cape si susseguono villaggi di pescatori, cittadine dall’atmosfera vittoriana e spiagge bianchissime.
La prima tappa che abbiamo fatto scendendo verso Sud è stata Muizenberg, famosa per le sue cabine balneari colorate schierate lungo il lido. La sua ampia spiaggia di sabbia soffice e il vento che da queste parti decisamente non manca la rendono una meta molto amata dai surfisti, che si ritrovano al Cooked per un caffè e per noleggiare l’attrezzatura. Ci abbiamo fatto un pit-stop anche noi, l’ambiente Seventies era irresistibile!
Dopo l’indispensabile dose di caffeina, abbiamo passeggiato lungo la spiaggia e ci siamo fermati ad osservare un gruppo di pescatori che tiravano le reti dal mare. Decine di gabbiani volavano sopra di loro sperando di rimediare il pranzo e regalando a noi uno spettacolo unico.
La tappa successiva è stata Boulders Beach, dove vive una colonia di 3000 pinguini in un’aera protetta che fa parte del Table Mountain National Park. La tariffa d’ingresso per gli adulti è di 45 ZAR (€ 4,06 al cambio attuale).
Devo dire che i pinguini hanno un certo gusto in fatto di habitat: Boulders è un bellissimo tratto di costa, con imponenti scogliere che riparano le spiagge dalla furia dell’oceano, le onde arrivano sulla battigia placide e silenziose mentre poco più in là, in mare aperto, le vedi scalmanate e riottose, piene di schiuma.
Anche Cape Point e Cape of Good Hope fanno parte di una riserva naturale all’interno del Table Mountain National Park. La tariffa d’ingresso è di 90 ZAR (€8,13 al cambio di oggi), è possibile arrivare con l’auto fino ai piedi dei punti panoramici dove poi si sale a piedi per sentieri di terra e rocce (le scarpe da trekking sono consigliate). Lo scenario è semplicemente mozzafiato: un promontorio montuoso coperto di verde che sovrasta spiagge candide e si affaccia sull’Oceano Atlantico. Due fatti molto poetici su Cape of Good Hope non sono veri: innanzitutto, non è il punto in cui si incontrano l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico, e poi non è l’estremità meridionale dell’Africa, ma quella sudoccidentale. Cape Agulhas, qualche chilometro più in là, è molto meno famoso ma di fatto separa gli oceani e segna il confine meridionale del continente.
Sottigliezze a parte, questo luogo a me ha dato grandi emozioni: ho guardato davanti a me pensando che mi trovavo alla fine delle terre emerse, oltre quel punto solo acque e ghiacci dell’Antartide. Se da lì, col dito, giri intorno al mappamondo passando per il Polo Sud, dall’altro lato ti ritrovi nel mezzo dell’Oceano Pacifico e devi salire fino al Golfo dell’Alaska per toccare di nuovo terra.
Tutti i venti del mondo s’incontrano su questo promontorio. Chi pesa meno di 50 chili dovrebbe mettersi del piombo in tasca prima di avventurarsi.
Rientrando a Cape Town abbiamo percorso la Chapmans Peak Drive, bellissima strada panoramica da cui abbiamo assistito ad un indimenticabile tramonto. Cena a Camps Bay, il lido dei VIP di Cape Town.
Giorno 3: tra le balene ad Hermanus
Il vento di Cape Point deve averci messo fame, perchè al risveglio del giorno dopo abbiamo tutti optato per una fully cooked breakfast: uova, funghi, bacon, pomodoro e pane tostato. Volevamo essere sicuri di avere lo stomaco ben fermo per andare ad Hermanus e salire a bordo di una delle Hermanus Whale Cruises per avvistare le balene.
La gita in barca dura un paio d’ore ed è una delle attività più costose che abbiamo fatto in Sudafrica: il prezzo è di 600 ZAR a persona (circa €55) ma è una spesa che vale la pena di sostenere. Dopo circa un’ora di navigazione, ecco la prima macchia nera in mezzo al mare: non c’è voluto molto perchè affiorasse a pelo d’acqua una pinna nera, poi uno superficie curva e lucida, poi un testone in cui è difficile riconoscere tratti somatici. Le balene australi arrivano ad Hermanus dall’Antartide nel mese di giugno e si fermano fino a dicembre, per dare alla luce i loro piccoli ed allattarli. Ne abbiamo avvistate diverse, due sono venute proprio sotto la barca: erano una mamma col suo piccolino – “piccolino” si fa per dire, i cuccioli di balena nascono già lunghi 6 metri per una tonnellata di peso, e fanno colazione con 600 litri di latte! Le loro mamme, invece, pesano 50 tonnellate, l’equivalente di 10 elefanti africani.
Tornati a terra, la colazione l’avevamo digerita e abbiamo deciso di fare un rinforzino con Fish ‘n’ Chips al Fisherman’s Cottage prima di dirigerci al mercato in cerca di souvenir.
Più tardi, passeggiando lungo la costa, abbiamo avvistato qualcosa di raro: un balenottero albino, bianco come la schiuma del mare!
Giorno 4: Flop a Robben Island, top a Table Mountain
Il nostro ultimo giorno nella regione di Western Cape, prima di prendere il volo che il giorno dopo ci avrebbe riportato a Jo’burg per proseguire il nostro viaggio verso il Kruger Park, doveva essere dedicato ai due siti più importanti di Cape Town, Robben Island e Table Mountain.
Robben Island è un’isola che si trova 12 km a largo di Cape Town, nella Table Bay, e che è tristemente famosa come luogo di isolamento e punizione: dal 1846 al 1931 è stata confino di quarantena per i lebbrosi, poi è diventata carcere di massima sicurezza per prigionieri politici. Nei lunghi anni dell’Apartheid, finiti solo nel 1994, qui sono stati imprigionati molti militanti che combattevano contro quel regime che toglieva ogni diritto a neri e coloured, compreso quello di vivere nelle proprie città da cui venivano espulsi per essere confinati nelle township, baraccopoli fatiscenti e malsane che ancora oggi si estendono per chilometri alla periferia di Cape Town, Pretoria, Johannesburg. Qui sono stati prigionieri, tra gli altri, Mandela per 27 anni e Zuma per 10. Dal 1997, Robben Island è Museo e Monumento Nazionale e nel 1999 è entrato a far parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Ci siamo diretti al porto per raggiungere l’isola e sentir raccontare dalla viva voce di un ex-detenuto la storia di questo sito che oggi è simbolo dell’emancipazione e del nuovo corso della storia di questa nazione, ma alla biglietteria dei traghetti per Robben Island è arrivata la doccia fredda: sold out fino alla fine della settimana. La delusione è stata forte, spero di poterla evitare a chi mi legge: per andare a Robben Island, comprate i biglietti in anticipo su Internet a questo link!
Ci siamo consolati con la splendida vista di Cape Town da Table Mountain, dove si sale in funivia. Il prezzo è di 205 ZAR (un po’ meno di €20) ma acquistando il biglietto online c’è uno sconto del 10%.
Abbiamo salutato Western Cape con un’ottima cena a Kalk Bay in un bellissimo ristorante sul mare, l’Harbour House Restaurant.
Prossima puntata? Safari al Kruger National Park!
To be continued… :)