Viaggio a Marrakech: appunti da un tramonto nella Medina
Le prime impressioni sulla città più intensa e vibrante del Marocco
Appena apro la valigia, l’odore pungente e penetrante del cumino mi riporta nel cuore della Medina, dove ieri ho comprato spezie e olio di Argan da Racine. Racine ha imparato l’italiano senza muoversi dal suo vicolo e per vendere le spezie mette in scena il suo piccolo show personale: mostra, fa annusare, interroga, racconta.
Sono a Marrakech da 48 ore e ho già sentito decine di odori che non avevo mai sentito prima, ho visto sfumature di colori che non sapevo esistessero. Marrakech è una città che inebria i sensi, che ti entra dentro insieme all’aria che respiri e che sa di tè alla menta, di pelli conciate, di gelsomino, di carne grigliata, di sudore, di fiori d’arancio.
I vicoli stretti della città vecchia sono un crogiolo di popoli: arabi, berberi, europei, ebrei. Mi dice Abdul, che ci guida nell’intrigo impossibile della kasbah, che il Marocco è il paese più democratico del mondo: tutte le minoranze sono rispettate e rappresentate politicamente, tutte le religioni sono tollerate. Il sindaco di Marrakech è una donna.
A Djemaa El-Fna, la smisurata piazza centrale un tempo luogo di esecuzioni, sembra che sia sempre Capodanno: ogni sera dalle 19 qui va in scena il “teatro di piazza”, con incantatori di serpenti, musicisti, donne e uomini che narrano storie a folle silenziose e incantate; si accendono luci e fuochi, si cuociono i tajine, ci si mescola all’umanità varia, colorata e rumorosa che anima Djemaa.
Questa è solo un’anticipazione “live” che scrivo mentre suona il Muezzin, che dalla Moschea Koutoubia chiama i fedeli alla preghiera. Nel prossimo post racconterò cosa fare, dove mangiare, dove dormire e come muoversi a Marrakech… Per oggi, voglio condividere qualche suggestione in foto da questa città intensa, un po’ folle, piena di vita.